Yoshiro Tamura
Gli insegnamenti del Sutra del loto
Genesi del Sutra del Loto
Il Sutra del Loto (Saddharma-pundarika-sutra), uno dei più importanti sutra mahayana, è stato venerato come una scrittura per tutti, senza distinzione di setta. Per capire ciò, è necessario riportarsi alle origini del buddhismo. Attorno al 500 a.C. il Buddha storico, Sakyamuni, fondò il buddhismo in India. Dopo la sua morte i suoi insegnamenti furono raccolti e, intorno al 250 a.C., i primi sutra compilati. Tuttavia, sorsero delle dispute su quali di questi dovessero essere considerati preminenti, cosa che spinse i gruppi opposti a dividersi in varie scuole e sette. Intorno al 100 a.C. vi erano all’incirca venti scuole e sette. Le figure centrali di questo buddhismo settario, conosciuto anche come budddhismo abhidharma, erano i religiosi di professione. Essi intrapresero profonde ricerche e scrissero trattati che interpretavano gli insegnamenti e i sutra di Sakyamuni, ma divenendo specialisti, gradualmente si dedicarono alla vita monastica e cominciarono a distaccarsi dalla realtà quotidiana. Poi, agli inizi dell’era cristiana, buddhisti laici attivi nel mondo secolare si misero al lavoro per una riforma del buddhismo. Questa è l’origine del buddhismo mahayana o del “Grande Veicolo”. Coloro i quali propugnarono una riforma del buddhismo definirono il loro buddhismo “Grande Veicolo” che conduce alla verità e denigrarono il buddhismo già esistente chiamandolo buddhismo hinayana (o del “Piccolo Veicolo”). Si riteneva che ci fossero due tipi di buddhisti hinayana: gli sravaka e i pratyekabuddha. (Sravaka e pratyekabuddhasono anche chiamati “uomini dei due veicoli”). Sravaka sono coloro i quali raggiungono l’illuminazione ascoltando la voce del Buddha, pratyekabuddha o autodidatti sono quelli che raggiungono l’illuminazione da soli, mediante la comprensione dell’impermanenza della natura e della vita umana. In contrasto con questi due veicoli, i buddhisti mahayana sostenevano il Veicolo-unico dei bodhisattva. Un bodhisattva è un essere vivente (sattva) che dispiega illuminazione (bodhi). In altre parole, un bodhisattva è uno che porta la verità dell’illuminazione al mondo e si sforza di aiutare gli altri a raggiungerla nel mondo secolare. Nella pratica, ciò si riferisce a quei buddhisti mahayana che vivono la loro religione con impegno nel mondo secolare.
Gli iniziatori del buddhismo mahayana criticavano su due punti il buddhismo già affermato: la forma dell’Ordine, o comunità dei credenti, ed il contenuto concettuale della religione. Essi ritenevano che l’Ordine, deviando verso il monachesimo, si fosse isolato dal mondo reale. Riguardo al contenuto concettuale, sentivano che il buddhismo dei due Veicoli aveva frainteso il significato della fondamentale verità di sunyata (Vacuità), interpretata come nulla, e aveva pertanto considerato il ritorno della vita al nulla — cioè la morte — come l’ideale (nirvana). I buddhisti mahayana, focalizzando la loro critica su questi due punti, aspiravano a una riforma del buddhismo. La loro critica era particolarmente forte riguardo alla cattiva interpretazione del significato di sunyata, inteso come una sorta di nichilismo, giungendo a dire, nelle loro denunce, che coloro i quali fossero scivolati in una simile concezione nichilistica non avrebbero più potuto raggiungere la buddhità.
I buddhisti mahayana si riunivano attorno a stupa (in cui erano custodite le reliquie di Sakyamuni) e caitya (pagode in cui erano conservati i sutra) invece che nei monasteri o templi, e si sforzavano di comprendere il vero significato di sunyata in termini di realtà. Essi concentrarono i loro sforzi e fecero compilazioni di nuovi sutra che incorporavano la loro visione. Questa fu la nascita dei sutra mahayana.
La parte più antica del Sutra della perfezione di saggezza (Prajnaparamita-sutra) data intorno al 50 d.C. Il Sutra della perfezione di saggezza si sforza di spiegare la fondamentale verità di sunyata o Vacuità dal punto di vista mahayana. Per esempio, il Sutra della perfezione di saggezza in venticinquemila Versi (Pancavimsati-sahasrika-prajna-paramita-sutra) insegna che la Vacuità non si raggiunge con la negazione della materia (o della forma): la forma è Vacuità; la Vacuità è forma. Questo significa che la Vacuità è il reale aspetto della materia o, posto diversamente, la Vacuità è il vero modo di essere della materia. Pertanto, la materia è condotta alla vera vita attraverso il determinarsi della Vacuità. Il filosofo indiano mahayana Nagarjuna (ca. 150-250), che cercò di sistematizzare la dottrina della Vacuità, scrisse nel suo Trattato della Via di Mezzo (Madhyamika-sastra) : «Dove esiste sunyata, tutto esiste. Dove non esiste sunyata, niente esiste». Viene così sottolineato che la Vacuità è la base dell’esistenza della materia e che è la fondamentale verità che porta ad essere la materia. Più tardi, in Giappone, venne introdotto il termine shinku-myou, o «la vera Vacuità è la meravigliosa, inesprimibile esistenza».
Il Sutra del Loto e la parte più antica dell’Avatamsaka-sutra furono compilati posteriormente al Sutra della perfezione di saggezza. Il Sutra del Loto e l’Avatamsaka-sutra impiegarono espressioni più positive di quelle contenute nel Sutra della perfezione di paggezza per evitare che la Vacuità fosse interpretata erroneamente come nulla. Essi arguirono che Vacuità significa assenza del sé, ossia che niente possiede una sostanza indipendente e immutabile. Tuttavia noi tendiamo a preoccuparci di noi stessi e ad attaccarci alle cose: queste sono le cause dell’illusione.
Furono fatti tentativi per chiarire il corretto e positivo significato di Vacuità, eliminando le illusioni. Gli attaccamenti al proprio io o agli oggetti furono criticati sostenendo la non-sostanzialità o Vacuità del sé e della materia. “Vacuità del sé” significa abbandonare l’attaccamento al sé, vedere le cose come sono e vivificarle; “Vacuità della materia” è ritrovare il sé che si era perso nell’attaccamento alle varie cose. Questi concetti si trovano in due importanti traduzioni cinesi del Sutra del Loto: il Sutra del Loto della Vera Legge (Cheng-fa-hua-ching) , tradotto da Dharmaraksa (231-308?), e il Sutra del Fior di Loto della Mistica Legge (Miao-fa lien-hua-ching), tradotto da Kumarajiva (344-413). Il Sutra del Loto della Vera Legge interpreta la “Vacuità del sé” come “naturalezza” e il Sutra del Loto della Mistica Legge come “lo stato reale di tutte le cose”. Così la “Vacuità della materia” è dal Sutra del Loto della Vera Legge interpretata come “libertà” o “non-costrizione”, dal Sutra del Loto della Mistica Legge come “naturalezza”. Per chiarire ulteriormente, Vacuità significa osservare l’effettivo stato delle cose, lasciandole essere naturali e, allo stesso tempo, realizzare un sé che sia libero e distaccato dalle cose. In breve, la Vacuità è il fondamentale principio che anima sé e le cose. Così il Sutra del Loto rispecchia il significato positivo dato alla Vacuità.
Gli insegnamenti del Sutra del Loto
Si ritiene che il Sutra del Loto sia stato ultimato nella sua forma attuale tra il 50 ed il 150 d.C. Comunque, il cap. 12, “Devadatta”, fu probabilmente aggiunto ai tempi di Chih-i (538-97), il grande patriarca della scuola buddhista T’ien-t’ai. Pertanto, il sutra conteneva originariamente 27 capitoli, escluso il capitolo “Devadatta”. Quando il Sutra del Loto fu portato in Cina, la sua traduzione fu intrapresa svariate volte. Furono fatte sei traduzioni complete; di queste tre sono ancora esistenti e tre sono andate perdute. Le tre sopravvissute sono: il Sutra del Loto della Vera Legge,tradotto da Dharmaraksa nel 286, in 10 fascicoli e 27 capitoli, il Sutra del Fiore di Loto della Mistica Legge, tradotto da Kumarajiva, in 7 fascicoli e 27 capitoli (in seguito 8 fascicoli e 28 capitoli); ilT’ien-p’in miao-fa lien-hua-ching, tradotto da Jnanagupta e Dharmagupta nel 601, in 7 fascicoli e 27 capitoli. Quest’ultima è una revisione della traduzione di Kumarajiva. La traduzione di Dharmaraksa è di assai difficile comprensione e molte sue parti ancora adesso non possono essere decifrate, mentre la versione di Kumarajiva è una eccellente traduzione in un linguaggio elegante. Di conseguenza, il Sutra del Fiore di Loto della Mistica Legge è rimasto popolare fino ai nostri giorni. I lineamenti concettuali del Sutra del Loto espressi nel Sutra del Fiore di Loto della Mistica Legge, sono stati elaborati in vari modi a partire dal significato positivo della dottrina della Vacuità sopra discusso.
Lavorando alla versione del Sutra del Loto con i suoi discepoli, Kumarajiva aveva scambi di idee con essi. Insieme alla traduzione, essi scrissero anche commentari, ove si trovano classificazioni e analisi del Sutra del Loto. Il Commentario al Sutra del Loto (Miao-fa lien-huaching-su), scritto da un discepolo di Kumarajiva, Tao-sheng (morto nel 434), è il più antico commento ancora esistente al Sutra del Loto. In esso Tao-sheng propose una divisione tra il cap. 14 (“Una vita felice”) ed il cap. 15 (“I bodhisattva scaturiti dalla terra”), separando il sutra in due domini: il “dominio della causa” ed il “dominio dell’effetto”. Questa è diventata la divisione tradizionale. Chih-i seguì questa divisione, ma definì la prima metà come il “dominio dell’apparenza” e la seconda metà come il “dominio dell’origine”. Egli osservò anche che la prima metà, centrata sul cap.2 (“Mezzi abili”), spiega la Legge Mistica come dottrina del Veicolo-unico, e la seconda metà, centrata sul cap.16 (“Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata”), spiega la vita eterna del Buddha Sakyamuni. Questi due concetti, la MisticaLegge come Veicolo-unico, e la vita eterna di Sakyamuni, sono gli aspetti centrali del Sutra del Loto. La suddivisione e l’analisi proposte da Chih-i sono accettate ancora oggi.
A causa della loro importanza, questi due aspetti richiedono un ulteriore commento. Come risultato dell’osservazione dello stato reale di tutto ciò che esiste, Sakyamuni scoprì che ogni cosa è permeata dalla legge (dharma) che la governa. A loro volta, le leggi particolari che governano tutte le cose ed i fenomeni sono state chiamate collettivamente l’insieme delle leggi. Ma le diverse leggi non sono incoerenti; esse sono una sola legge, sono fondamentalmente unite e formano la legge unificante. Per esempio, c’è la legge della mente in una mente e la legge del corpo in un corpo; esse non sono due leggi separate, ma sono fondamentalmente una. Così l’atteggiamento mentale di una persona produce conseguenze sul suo corpo: tutte le cose sono collegate e formano una unità. Riguardo alle leggi che governano le cose, viene spiegato che la legge unificante è il fondamento delle varie leggi. La Mistica Legge come Veicolo-unico, messa in evidenza nel cap. 2 (“Mezzi abili”), rivela questa legge unificante, che può essere chiamata la verità unificante dell’universo. Questa verità è l’espressione positiva della verità (o legge) della Vacuità.
Così, il Sutra del Loto rivela la verità unificante, la Mistica Legge come Veicolo-unico, e allo stesso tempo insegna alle persone ad abbracciare la fede nella Mistica Legge come Veicolo-unico, che è la verità unificante, non invalidata dalle varie leggi particolari. Al contrario, le varie leggi risultano vivificate dall’accettazione della Mistica Legge come Veicolo-unico. Pertanto, con riferimento alla legge della mente e alla legge del corpo, il corretto trattamento per un corpo malato è realizzato dalla comprensione della legge unificante. Per quanto riguarda il raggiungimento della buddhità, il Sutra del Loto spiega che, attraverso la fede nella Mistica Legge come Veicolo-unico, anche i cosiddetti buddhisti dei due veicoli, che interpretano scorrettamente la Vacuità come nulla e cadono nel nichilismo, raggiungerebbero la buddhità, proprio come i bodhisattva mahayana. L’idea è che i tre veicoli, degli sravaka, dei pratyekabuddha e dei bodhisattva, sono accettati allo stesso modo e uniti nella Mistica Legge come Veicolo-unico. In altre parole, la Mistica Legge come Veicolo-unico è la grande legge unificante dell’universo che anima ognuno e ogni cosa allo stesso modo.
L’idea fu sviluppata ulteriormente e nel Sutra del Loto si può vedere una concezione dell’intero universo unificato sotto la Mistica Legge come Veicolo-unico. Kumarajiva espresse questo concetto come “il reale stato di tutte le cose” ovvero il reale stato dell’universo. Ricorrendo al concetto del reale stato dell’universo, Chih-i sistematizzò l’insegnamento detto dei “tremila mondi in un singolo momento della mente” e il maestro giapponese Nichiren (1222-82) rappresentò i dieci mondi dell’essere in forma di mandala. L’insegnamento dei “tremila mondi in un singolo momento della mente” spiega che il microcosmo (un momento della mente) e il macrocosmo (tremila mondi) sono interdipendenti e costituiscono nel loro vero stato una unità, formando un intero armonioso sotto la Mistica Legge come Veicolo-unico. Il mandala dei dieci mondi dell’essere illustra graficamente l’esistenza di vari esseri nell’universo, divisi in dieci mondi, dall’inferno al mondo dei buddha, unificati sotto la Mistica Legge come Veicolo-unico. Il poeta Miyazawa Kenji (1896-1933), un fervente devoto del Sutra del Loto, diceva nel suo Nomin Geijutsu Gairon Koyo [Introduzione all’arte dell’agricoltore]: “prima di tutto / facciamoci scintillante, minuta polvere / e diffondiamoci in ogni direzione del cielo”. Egli esortava cioè ad affidarsi all’infinito universo attraverso il Sutra del Loto. La seconda metà del Sutra del Loto (“dominio dell’origine”), centrata sulla vita eterna di Sakyamuni, spiega in “Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata”, cap. 16, che Sakyamuni è stato effettivamente un buddha fin dal più lontano passato e sottolinea che lo Sakyamuni storico è stato la manifestazione fisica in questo mondo dello Sakyamuni eterno. In altre parole, Sakyamuni è un’entità eterna (il Buddha eterno originario), basata sulla verità eterna (Dharma, o Legge), che apparve in India per salvare gli esseri senzienti e quindi ritornare al mondo originario di eterna esistenza dopo aver assolto tale compito. Lo Sakyamuni storico nato in India e morto all’età di ottanta anni non era un semplice mortale che nacque e morì, ma una manifestazione in questo mondo dello Sakyamuni eterno.
Si possono offrire tre spiegazioni della concezione di Sakyamuni come Buddha eterno. La prima consiste nell’unificazione dei vari buddha. La storia della venerazione buddhista indica che i seguaci di Sakyamuni adoravano le sue reliquie e, soffrendo per la sua scomparsa da questo mondo, gradualmente ricercarono altri buddha come sostituti di Sakyamuni. Così, comparvero altri buddha. Il Sutra del Loto fu concepito per unificare i vari buddha e le varie leggi, e il sutra presenta lo Sakyamuni eterno come il Buddha unificante. Nel Sutra del Loto viene spiegato che i diversi buddha sono emanazioni dello Sakyamuni eterno e che saranno uniti nel Buddha eterno. La seconda risiede nel fatto che l’eterna esistenza è vista ovunque esista la verità unificante. In altre parole, questo significa che la Mistica Legge come Veicolo-unico, la legge unificante dell’universo, non è una mera legge di natura, ma un’entità personale e viva che riguarda la vita e i viventi. Terza, il palpito dell’eterna esistenza è percepito attraverso la pratica nel mondo reale. La vita dello Sakyamuni storico indica questo in maniera precisa. Infatti, “Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata” spiega che il Buddha eterno, Sakyamuni, si impegnò in un’illimitata pratica da bodhisattva.
Questa terza spiegazione può essere vista nel contesto della storia della formazione del testo originario del Sutra del Loto. Quando vengono esaminate le circostanze della compilazione del sutra, può essere proposta un’ulteriore divisione a differenza della maniera tradizionale di dividere il sutra in due dominî. Sebbene questa terza divisione si sovrapponga al tradizionale secondo dominio, i capitoli da “Un maestro della Legge”, cap. 10, fino a “La consegna finale”, cap. 22, possono essere riferiti a un terzo dominio. Nichiren chiamò questo terzo dominio daisan homon, che significa terza sfera dell’insegnamento di Sakyamuni. Gli insegnamenti in questo dominio del Sutra del Loto mettono l’accento sul bisogno di resistere alle prove della vita e praticare la Vera Legge. In breve, viene valorizzata l’attività umana nel mondo reale (pratica del bodhisattva). Anche il Buddha eterno riceve in questo contesto una nuova considerazione e viene infatti affermato che Sakyamuni stesso si impegnò in un’illimitata pratica da bodhisattva. Questo terzo dominio, sottolineando la pratica del bodhisattva, suggerisce il significato e lo scopo dell’esistenza umana in questo mondo. Per esempio, il cap. 10, “Un maestro della Legge”, loda coloro che continuano il lavoro di Buddha, anche ricevendo e trasmettendo una singola frase della Legge, come apostoli del Tathagata mandati dal Buddha a salvare gli essere senzienti. L’ultima parte del capitolo esorta il fedele ad entrare nella dimora del Tathagata, indossarne la veste, sedersi sul suo trono, predicare la Legge senza timore. La dimora, la veste, il trono del Tathagata corrispondono a compassione, perseveranza e Vacuità. Il significato è che bisogna essere gentili e compassionevoli verso gli altri, perseverare e non provare malevolenza nei confronti del mondo, basarsi sulla Vacuità ed essere liberi da attaccamenti. Questi sono i tre criteri per le attività nel mondo secolare (pratica del bodhisattva), onorati successivamente come i tre criteri per la propagazione del sutra.
Il capitolo che segue, “L’apparizione del prezioso stupa”, narra che il prezioso stupa in cui il Tathagata Prabhutaratna (Abbondanti-tesori) sedeva, si innalzò nel cielo e che Sakyamuni mosse dalla terra al prezioso stupa nel cielo, per sedersi vicino al Tathagata Prabhutaratna. Quasi simultaneamente, i buddha che erano stati emanati da Sakyamuni e disseminati per ogni dove si riunirono e ritornarono a Sakyamuni, mntre tutti i loro mondi furono unificati, diventando il mondo del Buddha Unico. Si è voluto interpretare il Tathagata Prabhutaratna come la passata manifestazione di Sakyamuni e lo star seduto di Sakyamuni accanto a lui come segno che Sakyamuni è sempre stato un buddha. In altre parole ciò suggerisce che Sakyamuni è il Buddha eterno; il ritorno dei buddha emanati da lui e l’unificazione dei loro mondi nel mondo del Buddha Unico vuol significare che Sakyamuni è il “Buddha dell’unificazione”. Pertanto il capitolo “L’apparizione del prezioso stupa” è stato considerato come un annuncio preliminare del cap. 16, “Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata”. Entrambi i capitoli, comunque, contengono una perorazione della pratica e delle attività del bodhisattva nel mondo reale in cui viviamo, nell’età detta della “decadenza della Legge”, e spiegano l’affidamento della Legge ai bodhisattva. Stando così le cose, i concetti del sorgere del prezioso stupa, il riunirsi dei buddha emanazione del Buddha eterno, e il mondo unito sotto il Buddha Unico, dovrebbero essere osservati dal punto di vista della valorizzzione della pratica del bodhisattva.
Anche il cap.13, “Esortazione alla perseveranza”, indica come lavoro missionario la propagazione dell’insegnamento in questo mondo malvagio e sottolinea la pratica della perseveranza e del martirio per i bodhisattva a cui è stata affidata questa missione. Il capitolo conclude con i bodhisattva che fanno appunto voto di perseveranza e martirio.
“I bodhisattva scaturiti dalla terra”, cap. 15, narra di un gruppo di bodhisattva, con a capo i bodhisattva Condotta-eminente, Condotta- illimitata, Condotta-pura, Condotta-immutabile, sprigionati dalla terra. Viene spiegato che essi sono i discepoli originari del Buddha a cui debbono succedere e come ad essi sia affidata la missione di diffondere la Legge.
Come menzionato sopra, tradizionalmente il cap. 16, “Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata”, era considerato come chiarificazione dell’eterna esistenza di Sakyamuni. Le domande sulla affermazione, fatta nel capitolo precedente, che i numerosi bodhisattva sprigionati dalla terra erano i discepoli originari di Sakyamuni conducono alla spiegazione della eterna esistenza di Sakyamuni. In altre parole, ci si chiedeva come potessero esserci così numerosi discepoli di Sakyamuni dacché era passato soltanto un così breve tempo dal momento in cui egli aveva raggiunto l’illuminazione ed era diventato il Buddha. Il capitolo “Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata” spiega pertanto che Sakyamuni aveva effettivamente raggiunto l’illuminazione nel passato e che un tempo infinito era trascorso da quando era diventato il Buddha. Inoltre, viene detto che Sakyamuni aveva seguito la pratica del bodhisattva per un tempo infinito. Pertanto, poiché questo capitolo sottolinea la pratica del bodhisattva, può essere considerato nel contesto del terzo dominio.
I capitoli 17, 18 e 19 esaltano i meriti di coloro che si dedicano alla Mistica Legge come Veicolo-unico e all’eterno Sakyamuni, e si impegnano per compiere buone opere.
Il cap. 20, “Il bodhisattva Mai-disprezzare”, narra la storia del bodhisattva Sadaparibhuta (Mai-disprezzare) come modello della pratica del bodhisattva. Sebbene fosse perseguitato all’inizio dell’età del “declino della Legge”, Sadaparibhuta, credendo nella bontà del genere umano non disprezzava nessuno, pregava perché tutti raggiungessero la buddhità e riveriva tutti quelli che incontrava. Questa storia mostra che onorare ogni essere umano è un esempio di pratica del bodhisattva.
Infine, nel cap. 21, “Il divino potere del Tathagata”, il Buddha affida la Legge al bodhisattva Condotta-Eminente e agli altri bodhisattva sprigionati dalla terra, e pronuncia parole di lode e di incoraggiamento per le loro pratiche e attività future. Nel capitolo seguente (“La consegna finale”) la Legge è affidata a tutti gli altri bodhisattva che fanno voto di proseguire la missione del Buddha. Così, la consegna della missione del Buddha ai bodhisattva diviene completa. Il prezioso stupa asceso al cielo ritorna al suo luogo originario, i buddha emanati da Sakyamuni, e che erano stati riuniti, ritornano alle loro terre e i bodhisattva alla realtà di questo mondo. Qui cala il sipario sul terzo dominio.
Delineata l’analisi convenzionale e l’evoluzione storica che ha portato alla sua compilazione, possiamo affermare che le idee centrali del Sutra del Loto comprendono tre elementi: la Legge (il Dharma), l’essere perfetto (o Buddha) e gli esseri umani (bodhisattva); oppure la verità, la vita e la pratica. Detto differentemente, la verità unificante dell’universo (la Meravigiosa Legge come Veicolo-unico), la vita eterna (Sakyamuni eterno) e le attività umane nel mondo reale (pratica del bodhisattva) sono i temi corrispondenti del primo dominio (dominio dell’apparenza), del secondo dominio (dominio dell’origine) e del terzo dominio. Essi costituiscono anche la vera essenza del buddhismo mahayana. Non è esagerato dire che i Tre Gioielli del buddhismo mahayana sono stati enunciati dal Sutra del Loto e che questa è la ragione per cui dai tempi antichi tutti i buddhisti mahayana, senza distinzione di scuola, si sono riconosciuti in questo sutra e lo hanno celebrato.
La fede nel Sutra del Loto
Dall’India al Giappone, il Sutra del Loto è stato venerato e celebrato per molte ragioni, perché in aggiunta alle sue idee centrali è ricco di ulteriori insegnamenti e idee. L’eccellente traduzione di Kumarajiva ha contribuito anch’essa alla larga diffusione di questo sutra in Cina e in Giappone. In India, la Legge Mistica fu assunta come Veicolo-unico, il quale caratterizza il dominio dell’apparenza nel Sutra del Loto. Sembra che l’interesse generale degli indiani per la realtà universale trascendente li abbia portati ad accettare la Legge Mistica come Veicolo-unico, vedendo in essa un testamento di uguaglianza universale, e quindi alla venerazione del Sutra del Loto. Alcuni scritti indiani possono essere citati a sostegno di questa interpretazione. Nel suo Trattato sul Sutra della grande perfezione di saggezza (Mahapajinaparamita-upadesa), un commento di questo sutra, Nagarjuna ha sostenuto che il Sutra del Loto è superiore alla Grande perfezione di saggezza perché il Sutra del Loto espone la verità che anche gli sravaka e i pratyekabuddha possono ugualmente raggiungere la buddhità attraverso il Veicolo-unico. Commentari scritti durante il IV e V secolo, come il Trattato sul buddhismo mahayana di Salamati e il Commentario sul Sutra del Loto (Sadddharma-pundarika-sastra) di Vasubandu sottolineano lo stesso concetto. L’ultimo lavoro in particolare sostiene che il Sutra del Loto espone l’eguaglianza della verità (eguaglianza del veicolo), l’eguaglianza del mondo (eguaglianza della società), l’eguaglianza dell’esistenza (eguaglianza del corpo). Il Mahaparinirvana-sutra, che è stato compilato nel V secolo, afferma che tutti gli esseri senzienti dotati di una innata natura-buddhica possono indistintamente raggiungere la buddhità; ma lo stesso Mahaparinirvana-sutra afferma che la sua idea viene dal Sutra del Loto.
Durante il V o il VI secolo, con le traduzioni di vari sutra in cinese fatte da Kumarajiva e altri, in Cina sono stati compiuti tentativi per cercare di ordinare tutti i sutra rispetto ai loro contenuti, al fine di stabilire la superiorità dell’una o dell’altra setta. In questo periodo, il Sutra del Loto è stato definito come il sutra che ha predicato la verità dell’unificazione. (T’ien-t’ai) Chih-i, accettando questa definizione, ha assegnato al Sutra del Loto la più alta posizione tra tutti i sutra e ha formulato la sua “filosofia del Loto”. Il primo obiettivo di Chih-i è stato quello di integrare le varie idee del buddhismo attraverso gli insegnamenti del Sutra del Loto, che spiega la verità unificante, e stabilire dei criteri sul valore delle differenti teorie e dottrine buddhiste. La fondazione di un buddhismo unificato ha portato a enunciare una visione unificata del mondo e della vita che è pienamente espressa nell’insegnamento dei “tremila mondi in un singolo momento della mente” e nell’idea che l’umanità è nata con una natura che porta con sé il bene e il male.
L’interpretazione di Chih-i della verità unificante del Sutra del Loto (la Legge Mistica come Veicolo-unico) quale sintesi di microcosmo (un momento della mente) e macrocosmo (tremila mondi), di bene e di male, di ideali e realtà si può ricondurre a un generale atteggiamento cinese che sottolinea l’importanza del mondo reale. Su questo punto, troviamo un certa differenza rispetto alla venerazione del Sutra del Loto propria dell’India, dove la Legge Mistica come Veicolo-unico era vista come la verità dell’uguaglianza universale. L’interpretazione di Chih-i della Vacuità è una chiara espressione di questa differenza. La logica della Vacuità di Chih-i si definisce nei “tre concetti” di Vacuità, mondo fenomenico e medietà. Il primo concetto indica il raggiungimento della Vacuità attraverso l’abbandono degli attaccamenti al mondo fenomenico (o transitorietà, chia in cinese). Il secondo concetto, opposto al primo, significa non rimanere nella Vacuità, ma ritornare alla realtà e vivere correttamente nel mondo. Nel primo concetto la fenomenicità è negata e viene invece affermata la Vacuità, laddove nel secondo è negata la Vacuità e affermata la realtà contingente. Il terzo concetto conclude che la Vacuità non deve essere dimenticata anche dopo aver fatto ritorno alla realtà o transitorietà. Esso è la Via di mezzo che unifica Vacuità e fenomenicità. Il secondo concetto, ritorno dalla Vacuità alla realtà, rispecchia il pensiero cinese, che sottolinea l’importanza della realtà attuale. Questi tre concetti erano esposti nel Sutra sull’originale azione del bodhisattva (P’usa ying-luo pen-yeh-ching) , compilato in Cina intorno al V secolo. Chih-i ha utilizzato i temi del Sutra del Loto per dar corpo e sistematicità a questi concetti.
Il pensiero di Chih-i sul Sutra del Loto è stato espresso nei libri detti i Tre grandi volumi sul Sutra del Loto o i Tre grandi volumi di T’ient-t’ai. Questi libri sono: il Commento testuale al Sutra del Loto (Miao-fa lien-hua-ching wen-chu; 587), Il profondo significato del Sutra del Loto (Miao-fa lien-hua-ching hsüan-i; 593) e il Grande trattato su calma e discernimento (Mo-ho chih-kuan, 594). Il Commento testuale al Sutra del Loto è un commento del Sutra del Loto, Il profondo significato del Sutra del Loto spiega i principi del sutra, il Grande trattato su calma e discernimentoespone le pratiche di meditazione basate su questo sutra.
Dopo la scomparsa di Chih-i, questi grandi libri divennero di guida per tutti quelli che veneravano il Sutra del Loto, furono studiati approfonditamente e ne furono scritte diverse interpretazioni da parte di commentatori di varie scuole in Cina e in Giappone. Tuttavia, quelli di Chih-i non sono i soli commentari al sutra: molti altri ne sono stati infatti scritti sia prima che dopo di lui. Oltre al commentario di Tao-sheng, sopra citato, vanno menzionati il Commentario al Sutra del Loto (Miao-fa lien-hua-ching i-chi) di Fa-yün (467-520) del Tempio Kuang-che; il Commentario al Sutra del Loto (Miao-fa lien-hua i-su) , il Trattato sul profondo significato del Sutra del Loto (Fa-hua-ching hsüan-lun), la Sinossi del Sutra del Loto (Fa-hua-ching t’ung-lüeh) e l’Elucidazione del signifcato del Sutra del Loto (Fa-hua-chig yu-i) di Chi-tsang (549-623); e l’Eulogia sul profondo significato del Sutra del Loto (Miao-fa lien-hua-ching hsüan-tsan) di K’uei Chi (632-82).
Nel 538, una immagine del Buddha e alcuni sutra furono portati in Giappone da un inviato del re Songmong del regno coreano di Paekche. Questa è stata l’introduzione ufficiale del buddhismo in Giappone. In seguito a ciò, l’importazione di sutra e di trattati e lo scambio di monaci buddhisti con la Corea e la Cina divennero intensi. La maggior parte dei sutra del buddhismo mahayana e hinayana raggiunsero il Giappone nel periodo di Nara (646-794). Furono studiate le dottrine di varie scuole, tra cui le scuole Sanron, Hosso, Jojitsu, Kusha, Ritsu e Kegon, conosciute col nome collettivo di “le sei scuole di Nara”. Inoltre, all’incirca nello stesso periodo, furono introdotti, studiati e venerati in Giappone, anche l’insegnamento del Sutra del Loto secondo la scuola T’ien-t’ai, il buddhismo esoterico, l’invocazione della Terra Pura e lo Zen.
Il principe reggente Shotoku (574-622) fu il primo giapponese ad assumersi il compito di commenti scritti al Sutra del Loto. Come reggente dell’imperatrice regnante Suiko, il principe impegnò le sue energie per il rafforzamento del Giappone. Egli stesso si dedicò allo studio del buddhismo e lo adottò come principale sostegno del paese. Diede un’importanza particolare al Sutra del Loto, al Sutra della Regina Srimala (Srimaladevi-simhanada-sutra) e al Sutra di Vimalakirti (Vimalakirti-nirdesa-sutra), dando insegnamenti e scrivendo commentari su di essi. I commentari di Shotoku su questi tre sutra sono denominati Sangyo Gisho (Commentari su tre sutra), ed è ancora esistente una copia manoscritta dallo stesso principe del Hokke Gisho (Commentario al Sutra del Loto). Molti fatti della vita del principe Shotoku restano ancora incerti e richiedono ulteriori ricerche; comunque, resta il fatto che fu il primo giapponese a dedicarsi al Sutra del Loto. La sua interpretazione del Sutra del Loto mostra elementi propri del Giappone e costituisce un buon materiale per la comparazione del pensiero giapponese con quello cinese. Per esempio, sebbene avesse fatto uso del Commentario al Sutra del Loto di Fa-yün del Tempio Kuang-che, Shotoku alterò la sua interpretazione, tralasciandone alcune parti e adottandone altre alla luce della prospettiva che poteva più interessare l’approccio giapponese alla realtà. (Shotoku segnalava i suoi cambiamenti annotando: “La mia interpretazione è leggermente diversa” o “Io qui non lo seguo”).
Sebbene sia in Cina che in Giappone venisse sottolinata l’importanza della realtà, in Cina veniva data maggiore importanza alla pratica, cosa che influenzò lo sviluppo di filosofie di vita come il confucianesimo e di sistemi di pensiero con risvolti politici. In Giappone, la vita è sempre stata sintonizzata sulle quattro stagioni, cosa che portò i giapponesi a tener conto delle risonanze affettive nei confronti della natura e ad adattarsi alla realtà naturale. In altre parole, ciò che cominciò come adattamento alla natura divenne addattamento alla realtà e si sviluppò successivamente in conoscenza della realtà. La sensibilità giapponese portò allo sviluppo di un’arte e di una letteratura che scoprivano la bellezza nella natura e nella mutevolezza delle stagioni e produsse una fede che vedeva l’importanza di questo mondo. Si può osservare l’influenza di questa sensibilità anche nella devozione per il Sutra del Loto. Per esempio, molte storie e allegorie di grande qualità letteraria, come le sette maggiori parabole del sutra, furono molto apprezzate dai giapponesi e incluse in opere letterarie e pittoriche. I meriti della fede che sono sottolineati in molte parti del Sutra del Loto — particolarmente nei capitoli successivi al cap. 23, “La Storia del bodhisattva Re della Medicina” — furono accettati in maniera entusiastica e vennero a far parte dell’osservanza religiosa di coloro che si preoccupavano dei benefici in questo mondo.
All’inizio del periodo di Heian (794-1185), il monaco Saicho (767-822) diede una ulteriore sistematizzazione alla dottrina del Sutra del Loto e fondò la setta Tendai (T’ien-t’ai) in Giappone. Il suo talento eguagliò quello di Chih-i in Cina e la sua influenza si estese in vari campi. Il suo centro sul monte Hiei divenne gradualmente un seminario o un’accademia del Loto per il monachesimo del Loto e produsse molti uomini di grandi doti. Honen (1133-1212), Shinran (1173-1262), Dogen (1200-1253) e Nichiren, fondatori del nuovo buddhismo del periodo di Kamakura (1185-1336), studiarono tutti sul monte Hiei. Dogen e Nichiren, in particolare, adottarono il Sutra del Loto come loro supporto spirituale. Dogen, il fondatore della setta Soto-Zen, lo cita ampiamente nel suo grande Shobo-genzo (L’occhio e il tesoro della Vera Legge). Si dice che quando era gravemente malato e vicino alla morte, Dogen camminasse nella sua stanza recitando passi dal cap. 21 del Sutra, “Il divino potere del Tathagata”, come : “[…] in un giardino, in una foresta […] lì i buddha sono entrati nel parinirvana”. Dopo averli recitati, egli scrisse quei passi sulle colonne della stanza e chiamò la stanza “Eremo del Sutra del Loto” .
Benché sia ben noto che Nichiren abbia fondato la setta che porta il suo nome basandosi sul Sutra del Loto, si dovrebbe sottolineare che egli fu il primo a mettere in rilievo il terzo dominio del Sutra del Loto, che riguarda la necessità di sopportare le prove della vita e di praticare la Vera Legge. Le ripetute sofferenze di Nichiren, come il suo esilio a Izu all’età di quarant’anni e a Sado a cinquanta, divennero punti di svolta che lo aiutarono a comprendere il terzo dominio del Sutra del Loto. Egli si paragonò ai bodhisattva martiri citati nel sutra. In particolare, si paragonò al bodhisattva Condotta-eminente e agli altri bodhisattva sprigionati dalla terra, come detto nel cap. 15. Gli scritti degli anni di esilio a Izu mostrano come egli cominciasse a parlare in quel tempo del terzo dominio del Sutra del Loto e come ciò lo condusse a sviluppare idee sul Sutra del Loto che sono sue proprie.
Le idee di Nichiren sul Sutra del Loto vennero poi assunte dai suoi seguaci e portarono alla nascita della setta Nichiren organizzata. L’influenza delle idee di Nichiren sulla società durante il periodo Muromachi (1336-1568) si vede nel fatto che molti machishu, o élite dei mercanti, di Kyoto, divennero seguaci della setta Nichiren. I machishu, che emergevano dalle autonome corporazione di Kyoto, alimentarono quella che può essere chiamata cultura machishu del Loto. Alcuni aderenti alla setta del Loto-Nichiren erano mercanti di classe superiore, che acquistarono grande ricchezza e divennero capi del machishu, la nuova élite dei mercanti. Sono rappresentative, in questo senso, la famiglia Hon’ami, famosa nelle arti decorative, e la famiglia Chaya, impegnata nel commercio con paesi stranieri.
Quando i templi della setta Nichiren furono attaccati dai monaci del monte Hiei durante il settimo mese lunare del 1536, i machishu furono alla testa della difesa dei templi. Questo episodio finì con la sconfitta dei seguaci della setta Nichiren. Ventuno templi Nichiren furono distrutti dal fuoco e i monaci trovarono rifugio in diversi luoghi, fra cui i templi in Sakai (Osaka) con cui essi avevano rapporti. Si calcola che decine di migliaia di buddhisti Nichiren persero la vita e la fede nel Sutra del Loto secondo Nichiren a Kyoto fu sull’orlo della rovina. Tuttavia, quando fu concesso nel 1542 il permesso di ricostruire i templi dei monaci che avevano trovato rifugio a Sakai, i machishu della setta Nichiren giocarono un ruolo centrale nella ricostruzione di Kyoto, e il commercio, la produzione, le arti e la letteratura ancora una volta rifiorirono sotto il loro patronato. Qual era dunque il legame tra i machishu di Kyoto e la setta Nichiren? Potrebbe essere che lo spirito di positivo adattamento alla realtà e la forte considerazione di essa presente nella visione che Nichiren aveva del Sutra del Loto ben si accordassero coll’atteggiamento dei machishu di grande impegno lavorativo per il profitto.
Dunque, la cultura machishu del Loto, che crebbe nel periodo Muromachi, rapidamente si ravvivò dopo una temporanea interruzione e prosperò nelle arti e nella letteratura dei periodi Momoyama (1568-1603) e di Edo (1603-1868). È interessante notare come nel tardo periodo di Edo molti dei più famosi artisti e letterati fossero sostenitori della setta Loto Nichiren. Nel campo della pittura ci furono persone come Kano Motonobu (1476-1559), Hasegawa Tohaku (1539-1610), Kano Tan’yu (1602-74), Hishikawa Moronobu (1618-94), Hanabusa Itcho (1652-1724), Utagawa Toyoharu (1735-1814), Katsushika Hokusai (1760-1849), Ando Hiroshige (1797-1858) e Utagawa Kuniyoshi (1797-1861); nell’arte decorativa Hon’ami Koetsu (1558-1637) e Ogata Korin (1658-1716). Tra gli scrittori si furono Chikamatsu Monzaemon (1653-1724), Ihara Saikaku (1642-93), Ota Nampo (1749-1823) e Jippensha Ikku (1765-1831). Inoltre, attori come Nakamura Utaemon III (1778-1838) e Nakamura Baigyoku II (1842-1921); e il poeta di haiku Matsunaga Teitoku (1571-1653) e Takarai Kikaku (1661-1707). In altri campi, il maestro di go Hon’imbo Nikkai (1555-1618) era un monaco in un tempio Nichiren; Ohashi Sokei (1555-1634), un maestro di shogi, avversario in questo gioco di Hon’imbo, era anche un credente e un sostenitore della setta Nichiren; e Gensei (1623-68), di Kyoto, era un monaco della setta Nichiren che si conquistò un nome nel mondo letterario.
Questo ampio numero di eminenti personalità del mondo delle arti e delle lettere che apparteneva al buddhismo Nichiren al termine del periodo di Edo ci pone degli interrogativi. Naturalmente, le loro opere non sempre riflettevano la loro fede nel buddhismo Nichiren, ma alcune opere ancora esistenti sembrano essere frutto di quella fede. Il legame tra la cultura artistica dei periodi Momoyama e di Edo e il buddhismo Nichiren sembra essere costituito dalla classe dei mercanti, che sosteneva l’una e l’altro. Questo è simile al nesso tra la cultura machishu del periodo Muromachi e la fede nel Loto secondo Nichiren, che dunque ebbe una naturale continuazione ad opera della classe dei mercanti nei periodi Momoyama e di Edo. Dovrebbe essere anche ricordato che la maggior parte delle nuove sette popolari di derivazione buddhista che sono sorte in Giappone sono state originate dalla fede nel Sutra del Loto secondo Nichiren. Tenendolo in mente, dovremmo considerare la fede nella setta di Nichiren e la venerazione del Sutra del Loto come importanti fondamenti della cultura e della religione giapponesi.
Traduzione di parte della introduzione al vol. di Bunsaku Kurata e Yoshiro Tamura (a cura di), Art of the Lotus Sutra, Tokyo, Kosei Publ. Co., 1987, curata per il Centro di cultura buddhista di Roma, sotto la guida di Riccardo Venturini, da Livia Agresti, Francesca Caporalini†, Antonio Ferreri, Fabrizio Mottironi e altri
Yoshiro Tamura (1921-89),
tra i più autorevoli studiosi di filosofia buddhista e di
storia del buddhismo giapponese,
fu professore alla Univ. di Tokyo e alla Univ. Rissho
Pubbl. In M. I. Macioti (a cura di), Sutra del Loto - Un invito alla lettura,
Milano, Guerini, 2001
Gli insegnamenti del Sutra del loto
Genesi del Sutra del Loto
Il Sutra del Loto (Saddharma-pundarika-sutra), uno dei più importanti sutra mahayana, è stato venerato come una scrittura per tutti, senza distinzione di setta. Per capire ciò, è necessario riportarsi alle origini del buddhismo. Attorno al 500 a.C. il Buddha storico, Sakyamuni, fondò il buddhismo in India. Dopo la sua morte i suoi insegnamenti furono raccolti e, intorno al 250 a.C., i primi sutra compilati. Tuttavia, sorsero delle dispute su quali di questi dovessero essere considerati preminenti, cosa che spinse i gruppi opposti a dividersi in varie scuole e sette. Intorno al 100 a.C. vi erano all’incirca venti scuole e sette. Le figure centrali di questo buddhismo settario, conosciuto anche come budddhismo abhidharma, erano i religiosi di professione. Essi intrapresero profonde ricerche e scrissero trattati che interpretavano gli insegnamenti e i sutra di Sakyamuni, ma divenendo specialisti, gradualmente si dedicarono alla vita monastica e cominciarono a distaccarsi dalla realtà quotidiana. Poi, agli inizi dell’era cristiana, buddhisti laici attivi nel mondo secolare si misero al lavoro per una riforma del buddhismo. Questa è l’origine del buddhismo mahayana o del “Grande Veicolo”. Coloro i quali propugnarono una riforma del buddhismo definirono il loro buddhismo “Grande Veicolo” che conduce alla verità e denigrarono il buddhismo già esistente chiamandolo buddhismo hinayana (o del “Piccolo Veicolo”). Si riteneva che ci fossero due tipi di buddhisti hinayana: gli sravaka e i pratyekabuddha. (Sravaka e pratyekabuddhasono anche chiamati “uomini dei due veicoli”). Sravaka sono coloro i quali raggiungono l’illuminazione ascoltando la voce del Buddha, pratyekabuddha o autodidatti sono quelli che raggiungono l’illuminazione da soli, mediante la comprensione dell’impermanenza della natura e della vita umana. In contrasto con questi due veicoli, i buddhisti mahayana sostenevano il Veicolo-unico dei bodhisattva. Un bodhisattva è un essere vivente (sattva) che dispiega illuminazione (bodhi). In altre parole, un bodhisattva è uno che porta la verità dell’illuminazione al mondo e si sforza di aiutare gli altri a raggiungerla nel mondo secolare. Nella pratica, ciò si riferisce a quei buddhisti mahayana che vivono la loro religione con impegno nel mondo secolare.
Gli iniziatori del buddhismo mahayana criticavano su due punti il buddhismo già affermato: la forma dell’Ordine, o comunità dei credenti, ed il contenuto concettuale della religione. Essi ritenevano che l’Ordine, deviando verso il monachesimo, si fosse isolato dal mondo reale. Riguardo al contenuto concettuale, sentivano che il buddhismo dei due Veicoli aveva frainteso il significato della fondamentale verità di sunyata (Vacuità), interpretata come nulla, e aveva pertanto considerato il ritorno della vita al nulla — cioè la morte — come l’ideale (nirvana). I buddhisti mahayana, focalizzando la loro critica su questi due punti, aspiravano a una riforma del buddhismo. La loro critica era particolarmente forte riguardo alla cattiva interpretazione del significato di sunyata, inteso come una sorta di nichilismo, giungendo a dire, nelle loro denunce, che coloro i quali fossero scivolati in una simile concezione nichilistica non avrebbero più potuto raggiungere la buddhità.
I buddhisti mahayana si riunivano attorno a stupa (in cui erano custodite le reliquie di Sakyamuni) e caitya (pagode in cui erano conservati i sutra) invece che nei monasteri o templi, e si sforzavano di comprendere il vero significato di sunyata in termini di realtà. Essi concentrarono i loro sforzi e fecero compilazioni di nuovi sutra che incorporavano la loro visione. Questa fu la nascita dei sutra mahayana.
La parte più antica del Sutra della perfezione di saggezza (Prajnaparamita-sutra) data intorno al 50 d.C. Il Sutra della perfezione di saggezza si sforza di spiegare la fondamentale verità di sunyata o Vacuità dal punto di vista mahayana. Per esempio, il Sutra della perfezione di saggezza in venticinquemila Versi (Pancavimsati-sahasrika-prajna-paramita-sutra) insegna che la Vacuità non si raggiunge con la negazione della materia (o della forma): la forma è Vacuità; la Vacuità è forma. Questo significa che la Vacuità è il reale aspetto della materia o, posto diversamente, la Vacuità è il vero modo di essere della materia. Pertanto, la materia è condotta alla vera vita attraverso il determinarsi della Vacuità. Il filosofo indiano mahayana Nagarjuna (ca. 150-250), che cercò di sistematizzare la dottrina della Vacuità, scrisse nel suo Trattato della Via di Mezzo (Madhyamika-sastra) : «Dove esiste sunyata, tutto esiste. Dove non esiste sunyata, niente esiste». Viene così sottolineato che la Vacuità è la base dell’esistenza della materia e che è la fondamentale verità che porta ad essere la materia. Più tardi, in Giappone, venne introdotto il termine shinku-myou, o «la vera Vacuità è la meravigliosa, inesprimibile esistenza».
Il Sutra del Loto e la parte più antica dell’Avatamsaka-sutra furono compilati posteriormente al Sutra della perfezione di saggezza. Il Sutra del Loto e l’Avatamsaka-sutra impiegarono espressioni più positive di quelle contenute nel Sutra della perfezione di paggezza per evitare che la Vacuità fosse interpretata erroneamente come nulla. Essi arguirono che Vacuità significa assenza del sé, ossia che niente possiede una sostanza indipendente e immutabile. Tuttavia noi tendiamo a preoccuparci di noi stessi e ad attaccarci alle cose: queste sono le cause dell’illusione.
Furono fatti tentativi per chiarire il corretto e positivo significato di Vacuità, eliminando le illusioni. Gli attaccamenti al proprio io o agli oggetti furono criticati sostenendo la non-sostanzialità o Vacuità del sé e della materia. “Vacuità del sé” significa abbandonare l’attaccamento al sé, vedere le cose come sono e vivificarle; “Vacuità della materia” è ritrovare il sé che si era perso nell’attaccamento alle varie cose. Questi concetti si trovano in due importanti traduzioni cinesi del Sutra del Loto: il Sutra del Loto della Vera Legge (Cheng-fa-hua-ching) , tradotto da Dharmaraksa (231-308?), e il Sutra del Fior di Loto della Mistica Legge (Miao-fa lien-hua-ching), tradotto da Kumarajiva (344-413). Il Sutra del Loto della Vera Legge interpreta la “Vacuità del sé” come “naturalezza” e il Sutra del Loto della Mistica Legge come “lo stato reale di tutte le cose”. Così la “Vacuità della materia” è dal Sutra del Loto della Vera Legge interpretata come “libertà” o “non-costrizione”, dal Sutra del Loto della Mistica Legge come “naturalezza”. Per chiarire ulteriormente, Vacuità significa osservare l’effettivo stato delle cose, lasciandole essere naturali e, allo stesso tempo, realizzare un sé che sia libero e distaccato dalle cose. In breve, la Vacuità è il fondamentale principio che anima sé e le cose. Così il Sutra del Loto rispecchia il significato positivo dato alla Vacuità.
Gli insegnamenti del Sutra del Loto
Si ritiene che il Sutra del Loto sia stato ultimato nella sua forma attuale tra il 50 ed il 150 d.C. Comunque, il cap. 12, “Devadatta”, fu probabilmente aggiunto ai tempi di Chih-i (538-97), il grande patriarca della scuola buddhista T’ien-t’ai. Pertanto, il sutra conteneva originariamente 27 capitoli, escluso il capitolo “Devadatta”. Quando il Sutra del Loto fu portato in Cina, la sua traduzione fu intrapresa svariate volte. Furono fatte sei traduzioni complete; di queste tre sono ancora esistenti e tre sono andate perdute. Le tre sopravvissute sono: il Sutra del Loto della Vera Legge,tradotto da Dharmaraksa nel 286, in 10 fascicoli e 27 capitoli, il Sutra del Fiore di Loto della Mistica Legge, tradotto da Kumarajiva, in 7 fascicoli e 27 capitoli (in seguito 8 fascicoli e 28 capitoli); ilT’ien-p’in miao-fa lien-hua-ching, tradotto da Jnanagupta e Dharmagupta nel 601, in 7 fascicoli e 27 capitoli. Quest’ultima è una revisione della traduzione di Kumarajiva. La traduzione di Dharmaraksa è di assai difficile comprensione e molte sue parti ancora adesso non possono essere decifrate, mentre la versione di Kumarajiva è una eccellente traduzione in un linguaggio elegante. Di conseguenza, il Sutra del Fiore di Loto della Mistica Legge è rimasto popolare fino ai nostri giorni. I lineamenti concettuali del Sutra del Loto espressi nel Sutra del Fiore di Loto della Mistica Legge, sono stati elaborati in vari modi a partire dal significato positivo della dottrina della Vacuità sopra discusso.
Lavorando alla versione del Sutra del Loto con i suoi discepoli, Kumarajiva aveva scambi di idee con essi. Insieme alla traduzione, essi scrissero anche commentari, ove si trovano classificazioni e analisi del Sutra del Loto. Il Commentario al Sutra del Loto (Miao-fa lien-huaching-su), scritto da un discepolo di Kumarajiva, Tao-sheng (morto nel 434), è il più antico commento ancora esistente al Sutra del Loto. In esso Tao-sheng propose una divisione tra il cap. 14 (“Una vita felice”) ed il cap. 15 (“I bodhisattva scaturiti dalla terra”), separando il sutra in due domini: il “dominio della causa” ed il “dominio dell’effetto”. Questa è diventata la divisione tradizionale. Chih-i seguì questa divisione, ma definì la prima metà come il “dominio dell’apparenza” e la seconda metà come il “dominio dell’origine”. Egli osservò anche che la prima metà, centrata sul cap.2 (“Mezzi abili”), spiega la Legge Mistica come dottrina del Veicolo-unico, e la seconda metà, centrata sul cap.16 (“Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata”), spiega la vita eterna del Buddha Sakyamuni. Questi due concetti, la MisticaLegge come Veicolo-unico, e la vita eterna di Sakyamuni, sono gli aspetti centrali del Sutra del Loto. La suddivisione e l’analisi proposte da Chih-i sono accettate ancora oggi.
A causa della loro importanza, questi due aspetti richiedono un ulteriore commento. Come risultato dell’osservazione dello stato reale di tutto ciò che esiste, Sakyamuni scoprì che ogni cosa è permeata dalla legge (dharma) che la governa. A loro volta, le leggi particolari che governano tutte le cose ed i fenomeni sono state chiamate collettivamente l’insieme delle leggi. Ma le diverse leggi non sono incoerenti; esse sono una sola legge, sono fondamentalmente unite e formano la legge unificante. Per esempio, c’è la legge della mente in una mente e la legge del corpo in un corpo; esse non sono due leggi separate, ma sono fondamentalmente una. Così l’atteggiamento mentale di una persona produce conseguenze sul suo corpo: tutte le cose sono collegate e formano una unità. Riguardo alle leggi che governano le cose, viene spiegato che la legge unificante è il fondamento delle varie leggi. La Mistica Legge come Veicolo-unico, messa in evidenza nel cap. 2 (“Mezzi abili”), rivela questa legge unificante, che può essere chiamata la verità unificante dell’universo. Questa verità è l’espressione positiva della verità (o legge) della Vacuità.
Così, il Sutra del Loto rivela la verità unificante, la Mistica Legge come Veicolo-unico, e allo stesso tempo insegna alle persone ad abbracciare la fede nella Mistica Legge come Veicolo-unico, che è la verità unificante, non invalidata dalle varie leggi particolari. Al contrario, le varie leggi risultano vivificate dall’accettazione della Mistica Legge come Veicolo-unico. Pertanto, con riferimento alla legge della mente e alla legge del corpo, il corretto trattamento per un corpo malato è realizzato dalla comprensione della legge unificante. Per quanto riguarda il raggiungimento della buddhità, il Sutra del Loto spiega che, attraverso la fede nella Mistica Legge come Veicolo-unico, anche i cosiddetti buddhisti dei due veicoli, che interpretano scorrettamente la Vacuità come nulla e cadono nel nichilismo, raggiungerebbero la buddhità, proprio come i bodhisattva mahayana. L’idea è che i tre veicoli, degli sravaka, dei pratyekabuddha e dei bodhisattva, sono accettati allo stesso modo e uniti nella Mistica Legge come Veicolo-unico. In altre parole, la Mistica Legge come Veicolo-unico è la grande legge unificante dell’universo che anima ognuno e ogni cosa allo stesso modo.
L’idea fu sviluppata ulteriormente e nel Sutra del Loto si può vedere una concezione dell’intero universo unificato sotto la Mistica Legge come Veicolo-unico. Kumarajiva espresse questo concetto come “il reale stato di tutte le cose” ovvero il reale stato dell’universo. Ricorrendo al concetto del reale stato dell’universo, Chih-i sistematizzò l’insegnamento detto dei “tremila mondi in un singolo momento della mente” e il maestro giapponese Nichiren (1222-82) rappresentò i dieci mondi dell’essere in forma di mandala. L’insegnamento dei “tremila mondi in un singolo momento della mente” spiega che il microcosmo (un momento della mente) e il macrocosmo (tremila mondi) sono interdipendenti e costituiscono nel loro vero stato una unità, formando un intero armonioso sotto la Mistica Legge come Veicolo-unico. Il mandala dei dieci mondi dell’essere illustra graficamente l’esistenza di vari esseri nell’universo, divisi in dieci mondi, dall’inferno al mondo dei buddha, unificati sotto la Mistica Legge come Veicolo-unico. Il poeta Miyazawa Kenji (1896-1933), un fervente devoto del Sutra del Loto, diceva nel suo Nomin Geijutsu Gairon Koyo [Introduzione all’arte dell’agricoltore]: “prima di tutto / facciamoci scintillante, minuta polvere / e diffondiamoci in ogni direzione del cielo”. Egli esortava cioè ad affidarsi all’infinito universo attraverso il Sutra del Loto. La seconda metà del Sutra del Loto (“dominio dell’origine”), centrata sulla vita eterna di Sakyamuni, spiega in “Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata”, cap. 16, che Sakyamuni è stato effettivamente un buddha fin dal più lontano passato e sottolinea che lo Sakyamuni storico è stato la manifestazione fisica in questo mondo dello Sakyamuni eterno. In altre parole, Sakyamuni è un’entità eterna (il Buddha eterno originario), basata sulla verità eterna (Dharma, o Legge), che apparve in India per salvare gli esseri senzienti e quindi ritornare al mondo originario di eterna esistenza dopo aver assolto tale compito. Lo Sakyamuni storico nato in India e morto all’età di ottanta anni non era un semplice mortale che nacque e morì, ma una manifestazione in questo mondo dello Sakyamuni eterno.
Si possono offrire tre spiegazioni della concezione di Sakyamuni come Buddha eterno. La prima consiste nell’unificazione dei vari buddha. La storia della venerazione buddhista indica che i seguaci di Sakyamuni adoravano le sue reliquie e, soffrendo per la sua scomparsa da questo mondo, gradualmente ricercarono altri buddha come sostituti di Sakyamuni. Così, comparvero altri buddha. Il Sutra del Loto fu concepito per unificare i vari buddha e le varie leggi, e il sutra presenta lo Sakyamuni eterno come il Buddha unificante. Nel Sutra del Loto viene spiegato che i diversi buddha sono emanazioni dello Sakyamuni eterno e che saranno uniti nel Buddha eterno. La seconda risiede nel fatto che l’eterna esistenza è vista ovunque esista la verità unificante. In altre parole, questo significa che la Mistica Legge come Veicolo-unico, la legge unificante dell’universo, non è una mera legge di natura, ma un’entità personale e viva che riguarda la vita e i viventi. Terza, il palpito dell’eterna esistenza è percepito attraverso la pratica nel mondo reale. La vita dello Sakyamuni storico indica questo in maniera precisa. Infatti, “Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata” spiega che il Buddha eterno, Sakyamuni, si impegnò in un’illimitata pratica da bodhisattva.
Questa terza spiegazione può essere vista nel contesto della storia della formazione del testo originario del Sutra del Loto. Quando vengono esaminate le circostanze della compilazione del sutra, può essere proposta un’ulteriore divisione a differenza della maniera tradizionale di dividere il sutra in due dominî. Sebbene questa terza divisione si sovrapponga al tradizionale secondo dominio, i capitoli da “Un maestro della Legge”, cap. 10, fino a “La consegna finale”, cap. 22, possono essere riferiti a un terzo dominio. Nichiren chiamò questo terzo dominio daisan homon, che significa terza sfera dell’insegnamento di Sakyamuni. Gli insegnamenti in questo dominio del Sutra del Loto mettono l’accento sul bisogno di resistere alle prove della vita e praticare la Vera Legge. In breve, viene valorizzata l’attività umana nel mondo reale (pratica del bodhisattva). Anche il Buddha eterno riceve in questo contesto una nuova considerazione e viene infatti affermato che Sakyamuni stesso si impegnò in un’illimitata pratica da bodhisattva. Questo terzo dominio, sottolineando la pratica del bodhisattva, suggerisce il significato e lo scopo dell’esistenza umana in questo mondo. Per esempio, il cap. 10, “Un maestro della Legge”, loda coloro che continuano il lavoro di Buddha, anche ricevendo e trasmettendo una singola frase della Legge, come apostoli del Tathagata mandati dal Buddha a salvare gli essere senzienti. L’ultima parte del capitolo esorta il fedele ad entrare nella dimora del Tathagata, indossarne la veste, sedersi sul suo trono, predicare la Legge senza timore. La dimora, la veste, il trono del Tathagata corrispondono a compassione, perseveranza e Vacuità. Il significato è che bisogna essere gentili e compassionevoli verso gli altri, perseverare e non provare malevolenza nei confronti del mondo, basarsi sulla Vacuità ed essere liberi da attaccamenti. Questi sono i tre criteri per le attività nel mondo secolare (pratica del bodhisattva), onorati successivamente come i tre criteri per la propagazione del sutra.
Il capitolo che segue, “L’apparizione del prezioso stupa”, narra che il prezioso stupa in cui il Tathagata Prabhutaratna (Abbondanti-tesori) sedeva, si innalzò nel cielo e che Sakyamuni mosse dalla terra al prezioso stupa nel cielo, per sedersi vicino al Tathagata Prabhutaratna. Quasi simultaneamente, i buddha che erano stati emanati da Sakyamuni e disseminati per ogni dove si riunirono e ritornarono a Sakyamuni, mntre tutti i loro mondi furono unificati, diventando il mondo del Buddha Unico. Si è voluto interpretare il Tathagata Prabhutaratna come la passata manifestazione di Sakyamuni e lo star seduto di Sakyamuni accanto a lui come segno che Sakyamuni è sempre stato un buddha. In altre parole ciò suggerisce che Sakyamuni è il Buddha eterno; il ritorno dei buddha emanati da lui e l’unificazione dei loro mondi nel mondo del Buddha Unico vuol significare che Sakyamuni è il “Buddha dell’unificazione”. Pertanto il capitolo “L’apparizione del prezioso stupa” è stato considerato come un annuncio preliminare del cap. 16, “Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata”. Entrambi i capitoli, comunque, contengono una perorazione della pratica e delle attività del bodhisattva nel mondo reale in cui viviamo, nell’età detta della “decadenza della Legge”, e spiegano l’affidamento della Legge ai bodhisattva. Stando così le cose, i concetti del sorgere del prezioso stupa, il riunirsi dei buddha emanazione del Buddha eterno, e il mondo unito sotto il Buddha Unico, dovrebbero essere osservati dal punto di vista della valorizzzione della pratica del bodhisattva.
Anche il cap.13, “Esortazione alla perseveranza”, indica come lavoro missionario la propagazione dell’insegnamento in questo mondo malvagio e sottolinea la pratica della perseveranza e del martirio per i bodhisattva a cui è stata affidata questa missione. Il capitolo conclude con i bodhisattva che fanno appunto voto di perseveranza e martirio.
“I bodhisattva scaturiti dalla terra”, cap. 15, narra di un gruppo di bodhisattva, con a capo i bodhisattva Condotta-eminente, Condotta- illimitata, Condotta-pura, Condotta-immutabile, sprigionati dalla terra. Viene spiegato che essi sono i discepoli originari del Buddha a cui debbono succedere e come ad essi sia affidata la missione di diffondere la Legge.
Come menzionato sopra, tradizionalmente il cap. 16, “Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata”, era considerato come chiarificazione dell’eterna esistenza di Sakyamuni. Le domande sulla affermazione, fatta nel capitolo precedente, che i numerosi bodhisattva sprigionati dalla terra erano i discepoli originari di Sakyamuni conducono alla spiegazione della eterna esistenza di Sakyamuni. In altre parole, ci si chiedeva come potessero esserci così numerosi discepoli di Sakyamuni dacché era passato soltanto un così breve tempo dal momento in cui egli aveva raggiunto l’illuminazione ed era diventato il Buddha. Il capitolo “Rivelazione della vita [eterna] del Tathagata” spiega pertanto che Sakyamuni aveva effettivamente raggiunto l’illuminazione nel passato e che un tempo infinito era trascorso da quando era diventato il Buddha. Inoltre, viene detto che Sakyamuni aveva seguito la pratica del bodhisattva per un tempo infinito. Pertanto, poiché questo capitolo sottolinea la pratica del bodhisattva, può essere considerato nel contesto del terzo dominio.
I capitoli 17, 18 e 19 esaltano i meriti di coloro che si dedicano alla Mistica Legge come Veicolo-unico e all’eterno Sakyamuni, e si impegnano per compiere buone opere.
Il cap. 20, “Il bodhisattva Mai-disprezzare”, narra la storia del bodhisattva Sadaparibhuta (Mai-disprezzare) come modello della pratica del bodhisattva. Sebbene fosse perseguitato all’inizio dell’età del “declino della Legge”, Sadaparibhuta, credendo nella bontà del genere umano non disprezzava nessuno, pregava perché tutti raggiungessero la buddhità e riveriva tutti quelli che incontrava. Questa storia mostra che onorare ogni essere umano è un esempio di pratica del bodhisattva.
Infine, nel cap. 21, “Il divino potere del Tathagata”, il Buddha affida la Legge al bodhisattva Condotta-Eminente e agli altri bodhisattva sprigionati dalla terra, e pronuncia parole di lode e di incoraggiamento per le loro pratiche e attività future. Nel capitolo seguente (“La consegna finale”) la Legge è affidata a tutti gli altri bodhisattva che fanno voto di proseguire la missione del Buddha. Così, la consegna della missione del Buddha ai bodhisattva diviene completa. Il prezioso stupa asceso al cielo ritorna al suo luogo originario, i buddha emanati da Sakyamuni, e che erano stati riuniti, ritornano alle loro terre e i bodhisattva alla realtà di questo mondo. Qui cala il sipario sul terzo dominio.
Delineata l’analisi convenzionale e l’evoluzione storica che ha portato alla sua compilazione, possiamo affermare che le idee centrali del Sutra del Loto comprendono tre elementi: la Legge (il Dharma), l’essere perfetto (o Buddha) e gli esseri umani (bodhisattva); oppure la verità, la vita e la pratica. Detto differentemente, la verità unificante dell’universo (la Meravigiosa Legge come Veicolo-unico), la vita eterna (Sakyamuni eterno) e le attività umane nel mondo reale (pratica del bodhisattva) sono i temi corrispondenti del primo dominio (dominio dell’apparenza), del secondo dominio (dominio dell’origine) e del terzo dominio. Essi costituiscono anche la vera essenza del buddhismo mahayana. Non è esagerato dire che i Tre Gioielli del buddhismo mahayana sono stati enunciati dal Sutra del Loto e che questa è la ragione per cui dai tempi antichi tutti i buddhisti mahayana, senza distinzione di scuola, si sono riconosciuti in questo sutra e lo hanno celebrato.
La fede nel Sutra del Loto
Dall’India al Giappone, il Sutra del Loto è stato venerato e celebrato per molte ragioni, perché in aggiunta alle sue idee centrali è ricco di ulteriori insegnamenti e idee. L’eccellente traduzione di Kumarajiva ha contribuito anch’essa alla larga diffusione di questo sutra in Cina e in Giappone. In India, la Legge Mistica fu assunta come Veicolo-unico, il quale caratterizza il dominio dell’apparenza nel Sutra del Loto. Sembra che l’interesse generale degli indiani per la realtà universale trascendente li abbia portati ad accettare la Legge Mistica come Veicolo-unico, vedendo in essa un testamento di uguaglianza universale, e quindi alla venerazione del Sutra del Loto. Alcuni scritti indiani possono essere citati a sostegno di questa interpretazione. Nel suo Trattato sul Sutra della grande perfezione di saggezza (Mahapajinaparamita-upadesa), un commento di questo sutra, Nagarjuna ha sostenuto che il Sutra del Loto è superiore alla Grande perfezione di saggezza perché il Sutra del Loto espone la verità che anche gli sravaka e i pratyekabuddha possono ugualmente raggiungere la buddhità attraverso il Veicolo-unico. Commentari scritti durante il IV e V secolo, come il Trattato sul buddhismo mahayana di Salamati e il Commentario sul Sutra del Loto (Sadddharma-pundarika-sastra) di Vasubandu sottolineano lo stesso concetto. L’ultimo lavoro in particolare sostiene che il Sutra del Loto espone l’eguaglianza della verità (eguaglianza del veicolo), l’eguaglianza del mondo (eguaglianza della società), l’eguaglianza dell’esistenza (eguaglianza del corpo). Il Mahaparinirvana-sutra, che è stato compilato nel V secolo, afferma che tutti gli esseri senzienti dotati di una innata natura-buddhica possono indistintamente raggiungere la buddhità; ma lo stesso Mahaparinirvana-sutra afferma che la sua idea viene dal Sutra del Loto.
Durante il V o il VI secolo, con le traduzioni di vari sutra in cinese fatte da Kumarajiva e altri, in Cina sono stati compiuti tentativi per cercare di ordinare tutti i sutra rispetto ai loro contenuti, al fine di stabilire la superiorità dell’una o dell’altra setta. In questo periodo, il Sutra del Loto è stato definito come il sutra che ha predicato la verità dell’unificazione. (T’ien-t’ai) Chih-i, accettando questa definizione, ha assegnato al Sutra del Loto la più alta posizione tra tutti i sutra e ha formulato la sua “filosofia del Loto”. Il primo obiettivo di Chih-i è stato quello di integrare le varie idee del buddhismo attraverso gli insegnamenti del Sutra del Loto, che spiega la verità unificante, e stabilire dei criteri sul valore delle differenti teorie e dottrine buddhiste. La fondazione di un buddhismo unificato ha portato a enunciare una visione unificata del mondo e della vita che è pienamente espressa nell’insegnamento dei “tremila mondi in un singolo momento della mente” e nell’idea che l’umanità è nata con una natura che porta con sé il bene e il male.
L’interpretazione di Chih-i della verità unificante del Sutra del Loto (la Legge Mistica come Veicolo-unico) quale sintesi di microcosmo (un momento della mente) e macrocosmo (tremila mondi), di bene e di male, di ideali e realtà si può ricondurre a un generale atteggiamento cinese che sottolinea l’importanza del mondo reale. Su questo punto, troviamo un certa differenza rispetto alla venerazione del Sutra del Loto propria dell’India, dove la Legge Mistica come Veicolo-unico era vista come la verità dell’uguaglianza universale. L’interpretazione di Chih-i della Vacuità è una chiara espressione di questa differenza. La logica della Vacuità di Chih-i si definisce nei “tre concetti” di Vacuità, mondo fenomenico e medietà. Il primo concetto indica il raggiungimento della Vacuità attraverso l’abbandono degli attaccamenti al mondo fenomenico (o transitorietà, chia in cinese). Il secondo concetto, opposto al primo, significa non rimanere nella Vacuità, ma ritornare alla realtà e vivere correttamente nel mondo. Nel primo concetto la fenomenicità è negata e viene invece affermata la Vacuità, laddove nel secondo è negata la Vacuità e affermata la realtà contingente. Il terzo concetto conclude che la Vacuità non deve essere dimenticata anche dopo aver fatto ritorno alla realtà o transitorietà. Esso è la Via di mezzo che unifica Vacuità e fenomenicità. Il secondo concetto, ritorno dalla Vacuità alla realtà, rispecchia il pensiero cinese, che sottolinea l’importanza della realtà attuale. Questi tre concetti erano esposti nel Sutra sull’originale azione del bodhisattva (P’usa ying-luo pen-yeh-ching) , compilato in Cina intorno al V secolo. Chih-i ha utilizzato i temi del Sutra del Loto per dar corpo e sistematicità a questi concetti.
Il pensiero di Chih-i sul Sutra del Loto è stato espresso nei libri detti i Tre grandi volumi sul Sutra del Loto o i Tre grandi volumi di T’ient-t’ai. Questi libri sono: il Commento testuale al Sutra del Loto (Miao-fa lien-hua-ching wen-chu; 587), Il profondo significato del Sutra del Loto (Miao-fa lien-hua-ching hsüan-i; 593) e il Grande trattato su calma e discernimento (Mo-ho chih-kuan, 594). Il Commento testuale al Sutra del Loto è un commento del Sutra del Loto, Il profondo significato del Sutra del Loto spiega i principi del sutra, il Grande trattato su calma e discernimentoespone le pratiche di meditazione basate su questo sutra.
Dopo la scomparsa di Chih-i, questi grandi libri divennero di guida per tutti quelli che veneravano il Sutra del Loto, furono studiati approfonditamente e ne furono scritte diverse interpretazioni da parte di commentatori di varie scuole in Cina e in Giappone. Tuttavia, quelli di Chih-i non sono i soli commentari al sutra: molti altri ne sono stati infatti scritti sia prima che dopo di lui. Oltre al commentario di Tao-sheng, sopra citato, vanno menzionati il Commentario al Sutra del Loto (Miao-fa lien-hua-ching i-chi) di Fa-yün (467-520) del Tempio Kuang-che; il Commentario al Sutra del Loto (Miao-fa lien-hua i-su) , il Trattato sul profondo significato del Sutra del Loto (Fa-hua-ching hsüan-lun), la Sinossi del Sutra del Loto (Fa-hua-ching t’ung-lüeh) e l’Elucidazione del signifcato del Sutra del Loto (Fa-hua-chig yu-i) di Chi-tsang (549-623); e l’Eulogia sul profondo significato del Sutra del Loto (Miao-fa lien-hua-ching hsüan-tsan) di K’uei Chi (632-82).
Nel 538, una immagine del Buddha e alcuni sutra furono portati in Giappone da un inviato del re Songmong del regno coreano di Paekche. Questa è stata l’introduzione ufficiale del buddhismo in Giappone. In seguito a ciò, l’importazione di sutra e di trattati e lo scambio di monaci buddhisti con la Corea e la Cina divennero intensi. La maggior parte dei sutra del buddhismo mahayana e hinayana raggiunsero il Giappone nel periodo di Nara (646-794). Furono studiate le dottrine di varie scuole, tra cui le scuole Sanron, Hosso, Jojitsu, Kusha, Ritsu e Kegon, conosciute col nome collettivo di “le sei scuole di Nara”. Inoltre, all’incirca nello stesso periodo, furono introdotti, studiati e venerati in Giappone, anche l’insegnamento del Sutra del Loto secondo la scuola T’ien-t’ai, il buddhismo esoterico, l’invocazione della Terra Pura e lo Zen.
Il principe reggente Shotoku (574-622) fu il primo giapponese ad assumersi il compito di commenti scritti al Sutra del Loto. Come reggente dell’imperatrice regnante Suiko, il principe impegnò le sue energie per il rafforzamento del Giappone. Egli stesso si dedicò allo studio del buddhismo e lo adottò come principale sostegno del paese. Diede un’importanza particolare al Sutra del Loto, al Sutra della Regina Srimala (Srimaladevi-simhanada-sutra) e al Sutra di Vimalakirti (Vimalakirti-nirdesa-sutra), dando insegnamenti e scrivendo commentari su di essi. I commentari di Shotoku su questi tre sutra sono denominati Sangyo Gisho (Commentari su tre sutra), ed è ancora esistente una copia manoscritta dallo stesso principe del Hokke Gisho (Commentario al Sutra del Loto). Molti fatti della vita del principe Shotoku restano ancora incerti e richiedono ulteriori ricerche; comunque, resta il fatto che fu il primo giapponese a dedicarsi al Sutra del Loto. La sua interpretazione del Sutra del Loto mostra elementi propri del Giappone e costituisce un buon materiale per la comparazione del pensiero giapponese con quello cinese. Per esempio, sebbene avesse fatto uso del Commentario al Sutra del Loto di Fa-yün del Tempio Kuang-che, Shotoku alterò la sua interpretazione, tralasciandone alcune parti e adottandone altre alla luce della prospettiva che poteva più interessare l’approccio giapponese alla realtà. (Shotoku segnalava i suoi cambiamenti annotando: “La mia interpretazione è leggermente diversa” o “Io qui non lo seguo”).
Sebbene sia in Cina che in Giappone venisse sottolinata l’importanza della realtà, in Cina veniva data maggiore importanza alla pratica, cosa che influenzò lo sviluppo di filosofie di vita come il confucianesimo e di sistemi di pensiero con risvolti politici. In Giappone, la vita è sempre stata sintonizzata sulle quattro stagioni, cosa che portò i giapponesi a tener conto delle risonanze affettive nei confronti della natura e ad adattarsi alla realtà naturale. In altre parole, ciò che cominciò come adattamento alla natura divenne addattamento alla realtà e si sviluppò successivamente in conoscenza della realtà. La sensibilità giapponese portò allo sviluppo di un’arte e di una letteratura che scoprivano la bellezza nella natura e nella mutevolezza delle stagioni e produsse una fede che vedeva l’importanza di questo mondo. Si può osservare l’influenza di questa sensibilità anche nella devozione per il Sutra del Loto. Per esempio, molte storie e allegorie di grande qualità letteraria, come le sette maggiori parabole del sutra, furono molto apprezzate dai giapponesi e incluse in opere letterarie e pittoriche. I meriti della fede che sono sottolineati in molte parti del Sutra del Loto — particolarmente nei capitoli successivi al cap. 23, “La Storia del bodhisattva Re della Medicina” — furono accettati in maniera entusiastica e vennero a far parte dell’osservanza religiosa di coloro che si preoccupavano dei benefici in questo mondo.
All’inizio del periodo di Heian (794-1185), il monaco Saicho (767-822) diede una ulteriore sistematizzazione alla dottrina del Sutra del Loto e fondò la setta Tendai (T’ien-t’ai) in Giappone. Il suo talento eguagliò quello di Chih-i in Cina e la sua influenza si estese in vari campi. Il suo centro sul monte Hiei divenne gradualmente un seminario o un’accademia del Loto per il monachesimo del Loto e produsse molti uomini di grandi doti. Honen (1133-1212), Shinran (1173-1262), Dogen (1200-1253) e Nichiren, fondatori del nuovo buddhismo del periodo di Kamakura (1185-1336), studiarono tutti sul monte Hiei. Dogen e Nichiren, in particolare, adottarono il Sutra del Loto come loro supporto spirituale. Dogen, il fondatore della setta Soto-Zen, lo cita ampiamente nel suo grande Shobo-genzo (L’occhio e il tesoro della Vera Legge). Si dice che quando era gravemente malato e vicino alla morte, Dogen camminasse nella sua stanza recitando passi dal cap. 21 del Sutra, “Il divino potere del Tathagata”, come : “[…] in un giardino, in una foresta […] lì i buddha sono entrati nel parinirvana”. Dopo averli recitati, egli scrisse quei passi sulle colonne della stanza e chiamò la stanza “Eremo del Sutra del Loto” .
Benché sia ben noto che Nichiren abbia fondato la setta che porta il suo nome basandosi sul Sutra del Loto, si dovrebbe sottolineare che egli fu il primo a mettere in rilievo il terzo dominio del Sutra del Loto, che riguarda la necessità di sopportare le prove della vita e di praticare la Vera Legge. Le ripetute sofferenze di Nichiren, come il suo esilio a Izu all’età di quarant’anni e a Sado a cinquanta, divennero punti di svolta che lo aiutarono a comprendere il terzo dominio del Sutra del Loto. Egli si paragonò ai bodhisattva martiri citati nel sutra. In particolare, si paragonò al bodhisattva Condotta-eminente e agli altri bodhisattva sprigionati dalla terra, come detto nel cap. 15. Gli scritti degli anni di esilio a Izu mostrano come egli cominciasse a parlare in quel tempo del terzo dominio del Sutra del Loto e come ciò lo condusse a sviluppare idee sul Sutra del Loto che sono sue proprie.
Le idee di Nichiren sul Sutra del Loto vennero poi assunte dai suoi seguaci e portarono alla nascita della setta Nichiren organizzata. L’influenza delle idee di Nichiren sulla società durante il periodo Muromachi (1336-1568) si vede nel fatto che molti machishu, o élite dei mercanti, di Kyoto, divennero seguaci della setta Nichiren. I machishu, che emergevano dalle autonome corporazione di Kyoto, alimentarono quella che può essere chiamata cultura machishu del Loto. Alcuni aderenti alla setta del Loto-Nichiren erano mercanti di classe superiore, che acquistarono grande ricchezza e divennero capi del machishu, la nuova élite dei mercanti. Sono rappresentative, in questo senso, la famiglia Hon’ami, famosa nelle arti decorative, e la famiglia Chaya, impegnata nel commercio con paesi stranieri.
Quando i templi della setta Nichiren furono attaccati dai monaci del monte Hiei durante il settimo mese lunare del 1536, i machishu furono alla testa della difesa dei templi. Questo episodio finì con la sconfitta dei seguaci della setta Nichiren. Ventuno templi Nichiren furono distrutti dal fuoco e i monaci trovarono rifugio in diversi luoghi, fra cui i templi in Sakai (Osaka) con cui essi avevano rapporti. Si calcola che decine di migliaia di buddhisti Nichiren persero la vita e la fede nel Sutra del Loto secondo Nichiren a Kyoto fu sull’orlo della rovina. Tuttavia, quando fu concesso nel 1542 il permesso di ricostruire i templi dei monaci che avevano trovato rifugio a Sakai, i machishu della setta Nichiren giocarono un ruolo centrale nella ricostruzione di Kyoto, e il commercio, la produzione, le arti e la letteratura ancora una volta rifiorirono sotto il loro patronato. Qual era dunque il legame tra i machishu di Kyoto e la setta Nichiren? Potrebbe essere che lo spirito di positivo adattamento alla realtà e la forte considerazione di essa presente nella visione che Nichiren aveva del Sutra del Loto ben si accordassero coll’atteggiamento dei machishu di grande impegno lavorativo per il profitto.
Dunque, la cultura machishu del Loto, che crebbe nel periodo Muromachi, rapidamente si ravvivò dopo una temporanea interruzione e prosperò nelle arti e nella letteratura dei periodi Momoyama (1568-1603) e di Edo (1603-1868). È interessante notare come nel tardo periodo di Edo molti dei più famosi artisti e letterati fossero sostenitori della setta Loto Nichiren. Nel campo della pittura ci furono persone come Kano Motonobu (1476-1559), Hasegawa Tohaku (1539-1610), Kano Tan’yu (1602-74), Hishikawa Moronobu (1618-94), Hanabusa Itcho (1652-1724), Utagawa Toyoharu (1735-1814), Katsushika Hokusai (1760-1849), Ando Hiroshige (1797-1858) e Utagawa Kuniyoshi (1797-1861); nell’arte decorativa Hon’ami Koetsu (1558-1637) e Ogata Korin (1658-1716). Tra gli scrittori si furono Chikamatsu Monzaemon (1653-1724), Ihara Saikaku (1642-93), Ota Nampo (1749-1823) e Jippensha Ikku (1765-1831). Inoltre, attori come Nakamura Utaemon III (1778-1838) e Nakamura Baigyoku II (1842-1921); e il poeta di haiku Matsunaga Teitoku (1571-1653) e Takarai Kikaku (1661-1707). In altri campi, il maestro di go Hon’imbo Nikkai (1555-1618) era un monaco in un tempio Nichiren; Ohashi Sokei (1555-1634), un maestro di shogi, avversario in questo gioco di Hon’imbo, era anche un credente e un sostenitore della setta Nichiren; e Gensei (1623-68), di Kyoto, era un monaco della setta Nichiren che si conquistò un nome nel mondo letterario.
Questo ampio numero di eminenti personalità del mondo delle arti e delle lettere che apparteneva al buddhismo Nichiren al termine del periodo di Edo ci pone degli interrogativi. Naturalmente, le loro opere non sempre riflettevano la loro fede nel buddhismo Nichiren, ma alcune opere ancora esistenti sembrano essere frutto di quella fede. Il legame tra la cultura artistica dei periodi Momoyama e di Edo e il buddhismo Nichiren sembra essere costituito dalla classe dei mercanti, che sosteneva l’una e l’altro. Questo è simile al nesso tra la cultura machishu del periodo Muromachi e la fede nel Loto secondo Nichiren, che dunque ebbe una naturale continuazione ad opera della classe dei mercanti nei periodi Momoyama e di Edo. Dovrebbe essere anche ricordato che la maggior parte delle nuove sette popolari di derivazione buddhista che sono sorte in Giappone sono state originate dalla fede nel Sutra del Loto secondo Nichiren. Tenendolo in mente, dovremmo considerare la fede nella setta di Nichiren e la venerazione del Sutra del Loto come importanti fondamenti della cultura e della religione giapponesi.
Traduzione di parte della introduzione al vol. di Bunsaku Kurata e Yoshiro Tamura (a cura di), Art of the Lotus Sutra, Tokyo, Kosei Publ. Co., 1987, curata per il Centro di cultura buddhista di Roma, sotto la guida di Riccardo Venturini, da Livia Agresti, Francesca Caporalini†, Antonio Ferreri, Fabrizio Mottironi e altri
Yoshiro Tamura (1921-89),
tra i più autorevoli studiosi di filosofia buddhista e di
storia del buddhismo giapponese,
fu professore alla Univ. di Tokyo e alla Univ. Rissho
Pubbl. In M. I. Macioti (a cura di), Sutra del Loto - Un invito alla lettura,
Milano, Guerini, 2001